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Lacrime D'Olio

Una schiera senza fine di bottiglie che, come soldati con tanto di mimetica ed elmetto avvitabile, sorvegliano scaffali enormi tappezzati di prezzi e offerte speciali. Dove sono le verdi colline e i tramonti senza tempo? Solo nelle mie lacrime posso ancora vederli...


Nacqui in una casa di campagna, il gallo mi svegliava ogni dì e il primo albeggiare solleticava il mio sguardo assopito. Tutt'intorno c'era lui, il grande uliveto. Partiva dall'orizzonte modellato dalle colline argentate, fino a gettarsi nel mare, increspato come i miei pensieri. I giovani occhi volteggiavano come gabbiani: tra cielo e mare inseguendo l'orizzonte. Centinaia di tronchi scolpiti dalla fantasia e dal vento dormivano su un letto di foglie, le fronde filtravano i raggi solari e, nella brezza mattutina, sembravano respirare in armonia col fiato stanco dei contadini. Quando il sole ardeva a mezzogiorno la terra, rossa come il sangue, emanava l'odore acre e polveroso che per anni è olezzato nella mia vita. Lo stesso odore con cui l'olio novello, che faceva mio padre, impregnava le mura della cantina. Mi incantavo spesso a guardarlo mentre spremeva le olive mature, e non so cosa darei oggi per vedere ancora quelle mani, forgiate dalla tradizione dei secoli, stringere nel pugno il frutto che oggi è parte di me. La mia famiglia non era né istruita né tanto diversa da molte altre, ma nelle braccia di mio padre sciupate dal lavoro e negli occhi di mia madre accigliati dalla stanchezza ma addolciti dalla mia presenza, vedevo vibrare imperturbabile la voce della storia senza tempo del mio popolo e della cultura che mi ha partorito che ora non posso dimenticare. Sono sempre stato molto sensibile, o meglio capace di percepire ciò che gli altri non sentivano. Spesso la notte uscivo di nascosto e andavo nell'uliveto dove la luna faceva scintillare le foglie come fossero d'argento e restavo ore a guardarle muoversi nella brezza di mare.


Una di queste sere, scorsi tra gli alberi una ragazza. Occhi luccicanti e capelli liberi nel vento, il candore del suo sguardo mi ghiacciò, impalpabile come un sogno e limpido come il cielo. Mi regalò un sorriso. Ogni notte la rivedevo, ormai era come se gli olivi ci dessero appuntamento e noi fedeli loro amanti arrivassimo puntuali al cospetto della luna. Nacque così una grande amicizia che come un fiume in piena sfondò gli argini della poesia e del sentimento e sfociò nell'oceano dell'amore. L'amore che mi ha cambiato la vita. In un caldo pomeriggio di marzo la incontrai al pozzo sul confine tra le nostre proprietà, lì dove gli olivi si aprono e lasciano correre una strada di ciliegi. Quegli occhi sorgevano nella mia mente come lune di un pianeta deserto. Il vento intarsiato di petali, figli della nuova stagione, carezzava la setosa chioma. Candida come il pensiero d'un infante, mi fissava in attesa di un mio cenno. Carezzai quella gota di velluto e, nel silenzio dei nostri respiri, quel fiabesco sorriso sbocciò in un bacio; i raggi solari ci avvolsero nel loro caldo abbraccio e un uccellino, in quella melodia di colori, planò nel cielo azzurro e mi ricordò che sulle sue ali volava la primavera. Non c'è modo di esprimere quanto fu grande la passione che vissi in quegli anni, accecato dall'amore e sedotto dalla natura in tutte le sue forme, fluttuavo coi miei pensieri in un universo distaccato dalla realtà ma troppo perfetto per essere reale... Poi i tempi cambiarono. I sentieri tappezzati dai petali dei ciliegi si vestirono d'un manto asfaltato, grigio come la notte e freddo come il mare a dicembre. All'orizzonte comparvero case dopo case e il silenzio morì di fronte alla frenesia di una città che nasceva. E lì dove c'era l'amore, e nei suoi occhi trovavo l'aria per respirare, lì dove volteggiavano le stagioni e il tempo non scorreva mai, lì una fabbrica con le sue ciminiere trafisse la terra, e con essa tutta la mia vita. Dietro l'ultima siepe rimasta s'intravedeva il mare dove le onde erano infrante come i miei sogni. Dentro di me ero affascinato dai cambiamenti, ma mi accorsi in quell'occasione che non ero in grado di conviverci.


Caddi in depressione, passavo i giorni a cercare gli olivi scomparsi nell'abbraccio di un'autostrada, scrivevo poesie troppo nostalgiche per essere lette e guardavo inerme la società che lentamente mi assimilava. Una notte di luna piena, dove il mare rivendica all'uomo la sua proprietà, vidi un albero enorme, sembrava troppo grande per poter essere un ulivo, ma quando mi avvicinai riconobbi senza alcun dubbio le foglie d'argento e la corteccia segnata dalle rughe come i pochi uomini che ancora lo amavano. Sul tronco c'era incisa una frase: “Piangi per me e vivrò per sempre”. Leggendo quelle parole socchiusi gli occhi, un turbine sconvolse il mio umore altalenante, sentii nell'aria l'odore di terra polverosa che rischiavo di dimenticare; percepii una morbida e calda sensazione sotto gli occhi e mentre vedevo l'enorme ulivo cadere in mare sotto i colpi di una sega elettrica, una goccia d'olio scivolò sul mio viso e finì sul mio labbro dove ne assaporai l'intenso aroma del mio passato: acre come un ricordo morente e vellutato come una passione vissuta. Da quel giorno ogni volta che penso alla mia terra e al mio amore perduto piango gocce d'olio e penso che in esse è racchiusa la cultura di un popolo divorata dai tempi assassini, oltre al passato di un uomo che non osa più guardare al suo futuro.


— Signore la posso aiutare? — una voce fresca come l'alba soggiunge al mio orecchio — abbiamo una vastissima gamma di oli per lei, di cui molti con certificazione di qualità europea — come un maniaco la stringo a me e con la passione di un tempo la bacio senza pensare. Dapprima cerca di divincolarsi, poi, guardandomi negli occhi vedo il suo viso illuminarsi e l'amore che rischiava di volare via come i petali di ciliegio ci avvolge di nuovo come la prima volta. fissandola incantato vedo la sua pelle grondare d'olio novello. In un solo abbraccio condito dall'acre aroma del nostro passato ho ritrovato la felicità.


— Su alzati! Ci puoi andare a scuola, il medico dice che hai solo un po' di congiuntivite — grida mia madre mentre vedo tutti i miei ricordi svanire con Morfeo e la sua corte.


— Mamma non voglio che l'ulivo cada in mare! — dico io senza sapere bene perché. — Forse è meglio che te ne stai a casa... sei sicuro di sentirti bene?


— Non sono nemmeno sicuro di essere sveglio..—


Corro in giardino, abbraccio il mio piccolo ulivo di città e bacio la sua corteccia. "certo però che era meglio la donna del supermercato" penso tra me e me sorridendo.



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