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En el Cambio Está la Evolución

Nell'immaginario comune la natura viene spesso immaginata come una grande madre che si prende cura delle sue creature. Perfino un convinto darwiniano può cadere nel facile errore di antropomorfizzare i processi evolutivi ascrivendogli innate capacità di giudizio: "l'evoluzione ha voluto questo...", "in risposta a quello si è sviluppato questo...".

In realtà la teoria è estremamente più semplice: L'evoluzione avviene grazie ai cambiamenti. Per quanto possa suonare come una banalità è in realtà un concetto ingiustamente sottovalutato e bistrattato dai fatti sul quale vorrei spendere due parole. La natura (se con essa indichiamo il sistema di complessi equilibri tra gli esseri viventi e l'ambiente in cui vivono) è del tutto priva di alcuna capacità decisionale. Quello che avviene è, molto semplicemente, lasciare che le cose cambino più o meno aleatoriamente; tuttavia i mutamenti dei quali prendiamo coscienza sono quelli che perdurano per un tempo sufficientemente lungo e si sviluppano in maniera sufficientemente ampia da poter essere notati, o comunque da poter influenzare la nostra esistenza. In altri termini percepiamo come "evoluzione" la tendenza della natura in quanto sistema dinamico a tendere alla stabilità.

I cambiamenti non sono altro che coincidenze che si verificano più o meno frequentemente in un sistema caotico; un'infinitesima parte di questi cambiamenti perdurerà nel tempo grazie al suo contribuire alla stabilità del sistema. Talvolta è lecito rimanere sorpresi dall'utilità e dalla speicificità di alcuni cambiamenti che si verificano e si finisce per pensare a qualche intervento divino o a un grande piano già scritto. Bisognerebbe però soffermarsi a pensare al tempo che ha portato a quel mutamento, nonchè ai milioni di altri cambiamenti che semplicemente non si sono rivelati stabili. In altri termini è un po' come sorprendersi se una goccia di pioggia centrasse una piccolissima tazzina da caffè, nel bel mezzo di un temporale... ben note sono le teorie delle migliaia di scimmie che scrivono Shakespeare e degli orologi che compaiono dal nulla nel deserto.

La cibernetica ci insegna che lo schema generale di un sistema complesso prevede delle unità che poste in relazione tra loro divengano parte di una nuova unità più grande con caratteristiche che non siano già possedute dai singoli elementi. Basti pensare alla serie atomi, molecole, cellule, organi, esseri viventi, ecosistema; o anche alla scalata dai transistor al web. Questa caratteristica rende particolarmente semplice formulare metafore, ma anche teorie, basate sulla similitudine tra il comportamento degli esseri umani e quello di altre componenti di altri sistemi; o anche, in senso inverso, tendere all'antropomorfizzazione di componenti poste su livelli diversi dal nostro, siano esse le cellule, la società o anche gli ecosistemi naurali.

Una delle similitudini che ci riguarda particolarmente da vicino è quella con lo sviluppo personale dell'essere umano. Nella nostra vita siamo istintivamente spinti verso il cambiamento, vuoi per curiosità, vuoi per fuggire da una situazione di disagio. Sul lungo termine tendiamo a stabilizzarci in quelle situazioni che molto semplicisticamente ci fanno stare bene. Quello che può sembrare un banale slancio edonistico è in realtà dettato dal mantenimento della stabilità dell'ecosistema sociale e naturale in cui viviamo. Il bisogno di cambiamento, che sopraggiunge ogni qualvolta si manifesta un malessere fisico o mentale,ci spinge verso nuove strade lungo una diramata esplorazione di possibilità che, tutte assieme, ci portano ad evolvere i nostri comportamenti e la nostra società.

Al contrario di molte altre specie viventi, l'essere umano ha una più profonda concezione di se stesso ed una forte coscienza del poter prendere decisioni. Inoltre siamo molto più soggetti a sperimentare malesseri psicologici, magari anche di futile natura, che ricoprono però un ruolo molto importante. La nostra naturale "irrequietudine" ci porta ad avere un tasso di cambiamento estremamente elevato nella nostra vita, o per lo meno questo è quello a cui la natura ci spinge. Più sono le strade provate più aumentano le possibilità di imboccarne una migliore. Nel tempo questo ci ha portato a cambiare il nostro modo di vivere e di rapportarci con l'ambiente molto più frequentemente rispetto ad una qualunque altra specie animale. In altri termini senza curiosi e insoddisfatti molto probabilmente ci saremmo stabilizzati sulla preistoria, cullati dai ritmi delle nascite e delle carestie.

Fatta questa premessa e con la dovuta cautela, è possibile distinguere tra i comportamenti umani quelli che siano più o meno "naturali" in un ottica "cibernetico-evoluzionista". Il bisogno di evadere dalle routine, l'infedeltà, il timore nel prendere decisioni a lungo termine e molte altre tendenza additate spesso come immature e dannose, sono in realtà espressioni della naturale tendenza dell'uomo al cambiamento; senza la quale non ci saremmo evoluti così rapidamente. Comportamenti inntaurali, e purtroppo molto frequenti, sono invece tutti quelli che mirano all'immutabilità dello stato delle cose. Condurre una vita monotona, non cambiare mai lavoro, accettare dei dogmi e via dicendo. Questo non significa che sia necessariamente sbagliato, ad esempio, passare tutta la vita accanto alla stessa persona; ma bisogna tener conto che quanto più si limitano i cambiamenti in una determinata area, tanto più si sentirà il bisogno di compensare nelle altre. Per questo sono portato a supporre che una coppia fedele e felice debba condurre una vita estremamente movimentata; d'altro canto chi si trovasse obbligato a fare per 60 anni una vita sempre uguale sarà enormemente più incline ai tradimenti.

In questa ottica le religioni risultano essere da sempre una fonte inesauribile di pessimi consigli di vita. Accettare dogmi significa castrare la propria curiosità e forzare le persone ad accettare passivamente lo stato attuale delle cose. Nella maggior parte delle religioni inoltre sono presenti forti componenti ascetiche che, in un modo o nell'altro, mirano a distaccarci dalle nostre irrequietudini donando un sollievo, di fatto temporaneo ed illusorio, che sul lungo termine non fa altro che generare un'ulteriore frustrazione. La negazione dei desideri, la castità e l'abuso di meditazione nelle sue varie forme sono solo alcuni esempi. L'errore commesso in questi casi è quello di cercare una via rapida per la stabilità del sistema attraverso il rifiuto dei cambiamenti. Se la perfezione è raggiunta laddove non è più necessario alcun cambiamento, non significa che posso illudermi di averla raggiunta semplicemente rifiutando i naturali mutamenti. Si tratta di un trucco fin troppo banale, eppure di preoccupante successo.

Passare il tempo a lamentarsi non è mai stato produttivo. Bisogna capire se i comportamenti che seguiamo e se gli insegnamenti che ci vengono dati ci sospingono dolcemente verso una naturale evoluzione, o se invece ci forzano all'interno di schemi troppo stretti per poter essere accettati senza creare malessere. Bisogna liberarsi del pregiudizio etico che ci porta a condannare il nostro slancio verso il cambiamento. D'altro canto non bisogna nemmeno forzarsi verso improbabili fughe cieche, ma lasciare che ogni vita segua il suo corso placida, ma inarrestabile, come un grande fiume. Non escludo che coi secoli potremmo "trovare pace", ma a chi vende facili paradisi, rispondo che finchè ci sarà anche una sola persona infelice sulla terra, sarà la dimostrazione vivente che il cammino è ancora lungo e che i loro dogmi non fanno per me.

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