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Margherita

La terra smossa e bruna sotto al sole,
solchi in fila fuggendo all'orizzonte,
vi piovon le stagioni ed il sudore
dell'uomo nel suo viver primordiale.

Il vento che al calare della sera
fa del campo un mare mosso e quieto,
come il respiro tra l'amore e il sogno
muove una carezza sul biondo manto.

L'onda del ruscello sul seme nudo
e secco, di pietre roventi al sole,
è il sangue che fa tiepida la pelle,
lo sguardo mio profondo e ardente.

L'impeto di due corpi nel fermento
e della mano che dal ventre caldo,
segue l'onda che s'infrange al seno.

Vesuvio brucia, un utero di fuoco,
il grido delle donne in strada annuncia
nel golfo oggi è il parto della Pizza.

Falò

Immensa nube l'oceano scosso
di tumulti d'argento e cinerei vortici,
sussurra violento
agli sguardi chini sul mondo
di chi viaggia e chi si perde,
inseguendo l'infinito vuoto
del silenzio nel vento.

Un grido di gabbiani,
l'occhio incauto verso il sole
che muore,
grani di sabbia tra le dita
intrecciate nel tessuto di sogno,
umido di lacrime,
sui corpi nudi confusi nel tramonto.

Seta impalpabile che ti veste
e ti sveste,
disegnando in un soffio
l'idea segreta,
tua futura memoria,
tra le pieghe leggere
degli incauti pensieri.

Tra le dune il passo freddo e incerto,
legna umida di muschi e funghi
gettata all'ultima fiamma,
il vento tinge di rosso,
sul sale bollente, il respiro
tra le labbra,
vicine e distanti, come il mare.
Sei il velluto che si posa leggero
sopra un mare limpido e spumoso,
e il vento che accarezza il tuo riposo
un umido e silente messaggero

di due labbra e del loro pensiero
stracciando i veli d'un moto ondoso.
Nel tiepido inferno sarò goloso
del tuo umore assaporo il mistero,

come rugiada a sfiorarti si bagna
ventre caldo d'una dolce apnea
scivolo e annego nel profondo oblio.

Quando nel mare si infrange il rio
ogni respiro diviene marea
un corpo solo: io e la lasagna.
Cold sun on my skin
writes your name on the skyline
the darkest of days
Maestoso silenzio
negli occhi del mondo
di mani si tesse
sorriso di seta

il mite consenso
soave e profondo
di labbra sommesse
un'ultima sera

urlando nel vuoto
gioiosi lamenti
respiri spezzati
Un dedalo in fiamme

si svela nel gioco
che desti dormienti
d'amore soldati
impugnano l'arme

ma sferza leggera
la tiepida brezza
di pasti regali
e lenti riposi

d'un tratto bufera
che l'albero spezza
in furia dei mari
feroce alitosi

Carbonara

Soffriggo nel ferro
tra i fumi d'inverno,
l'odor di maiale.
Lo spago sotterro
nel nobile terno:
cacio, uova e guanciale

Mesopotamia

Ogni respiro confuso nel vento
e tutti i fiumi versati nel mare,
fregiar le labbra del solo parlare
di tutta la vita un breve momento.

La via di casa d'un nomade stanco,
come minestra nel giorno di festa
del grande banchetto è quello che resta:
quell'ultima mano vinta dal banco.

Sei la burrasca che copre la voce:
canto e grido d'amanti morenti
di tutti i silenzi il solo loquace.

D'ogni uomo la sposa e la madre,
Oceani dentro ampolle di vetro
gli occhi tuoi piangono il Tigri e l'Eufrate.

La Tigre

Del sangue bollente
che in queste vene
scorre impetuoso,
disseti sovente
la voglia che viene
nel dolce riposo.

E dopo una volta
che d'ogni mio umore
ricolmo è il tuo corpo,
ancor disinvolta
continui per ore
a chiederne un sorso.

Tigre mai sazia
azzanni fremendo
la preda ignara,
ti chiedo la grazia
nel letto morendo
oh vile zanzara.

Il Sereno

L'impeto
nel suo tetro candore
sgozza
innocenti i pensieri.

Mani nel buio
tremuli i fuochi
dipingono,
e tiepide carni
come dolci clivi
disegnandoci
unisoni.

Nella notte grigia
e nordica,
l'abbraccio è tempesta
volteggiare di stormi
e soffio d'oceani.

L'occhio al cielo
volto
scorge il sereno:
attimo interminato
saturo e vacuo
di soave
violenza
D'impeto muore
sull'umido baffo
ogni arido gelo,

è schiuso ormai il fiore,
nel sogno di Saffo
vi trema il suo stelo.

Di fronde nel vento
soave ondeggiare,
burrasche improvvise;

sul palmo ora sento
un mare cullare
l'onda ch'emise.
These red flaming lips
tearing away your gaze
from burning flesh.
Foglie cadute
tue mani nelle mie
sogno d'inverno.
la competitività non è un valore e la competizione non è una stratregia vincente. Competere significa assecondare il gioco di chi ci vuole divisi e facilmente controllabili.

In tutti i fottuti schemi evolutivi la cooperazione apporta enormi vantaggi. Allo stesso modo in cui nessun organismo unicellulare mi batterà mai a scacchi, una società basata sulla competizione tenderà ad un progresso al massimo lineare anzichè esponenziale...

Il sogno americano è il sogno di un miope cavernicolo e finchè saremo miopi cavernicoli finirà anche per piacerci.
Seguire questo vezzo dell'istinto
leggendo le righe d'un libro stinto
scritto da Arianna nel suo labirinto.
per quanto distante,
inafferrabile, quasi etereo
guardiamo all'infinito.
Come predatori le prede
come marinai le stelle.
quando l'ultima parola
sarà lavata via
d'uno sfregar di sguardi,
dolci attriti
e catartico oblio.
Rimane il silenzio
men vuoto del frastuono
di gelidi torrenti
di acque torbide.
Rimane intuire
in un palmo di mano,
in un lago,
uno specchio,
gli assoli sfuggiti
da due occhi infiniti.
Chiudo i miei occhi
soffiando il tarassaco
divengo vento.

En el Cambio Está la Evolución

Nell'immaginario comune la natura viene spesso immaginata come una grande madre che si prende cura delle sue creature. Perfino un convinto darwiniano può cadere nel facile errore di antropomorfizzare i processi evolutivi ascrivendogli innate capacità di giudizio: "l'evoluzione ha voluto questo...", "in risposta a quello si è sviluppato questo...".

In realtà la teoria è estremamente più semplice: L'evoluzione avviene grazie ai cambiamenti. Per quanto possa suonare come una banalità è in realtà un concetto ingiustamente sottovalutato e bistrattato dai fatti sul quale vorrei spendere due parole. La natura (se con essa indichiamo il sistema di complessi equilibri tra gli esseri viventi e l'ambiente in cui vivono) è del tutto priva di alcuna capacità decisionale. Quello che avviene è, molto semplicemente, lasciare che le cose cambino più o meno aleatoriamente; tuttavia i mutamenti dei quali prendiamo coscienza sono quelli che perdurano per un tempo sufficientemente lungo e si sviluppano in maniera sufficientemente ampia da poter essere notati, o comunque da poter influenzare la nostra esistenza. In altri termini percepiamo come "evoluzione" la tendenza della natura in quanto sistema dinamico a tendere alla stabilità.

I cambiamenti non sono altro che coincidenze che si verificano più o meno frequentemente in un sistema caotico; un'infinitesima parte di questi cambiamenti perdurerà nel tempo grazie al suo contribuire alla stabilità del sistema. Talvolta è lecito rimanere sorpresi dall'utilità e dalla speicificità di alcuni cambiamenti che si verificano e si finisce per pensare a qualche intervento divino o a un grande piano già scritto. Bisognerebbe però soffermarsi a pensare al tempo che ha portato a quel mutamento, nonchè ai milioni di altri cambiamenti che semplicemente non si sono rivelati stabili. In altri termini è un po' come sorprendersi se una goccia di pioggia centrasse una piccolissima tazzina da caffè, nel bel mezzo di un temporale... ben note sono le teorie delle migliaia di scimmie che scrivono Shakespeare e degli orologi che compaiono dal nulla nel deserto.

La cibernetica ci insegna che lo schema generale di un sistema complesso prevede delle unità che poste in relazione tra loro divengano parte di una nuova unità più grande con caratteristiche che non siano già possedute dai singoli elementi. Basti pensare alla serie atomi, molecole, cellule, organi, esseri viventi, ecosistema; o anche alla scalata dai transistor al web. Questa caratteristica rende particolarmente semplice formulare metafore, ma anche teorie, basate sulla similitudine tra il comportamento degli esseri umani e quello di altre componenti di altri sistemi; o anche, in senso inverso, tendere all'antropomorfizzazione di componenti poste su livelli diversi dal nostro, siano esse le cellule, la società o anche gli ecosistemi naurali.

Una delle similitudini che ci riguarda particolarmente da vicino è quella con lo sviluppo personale dell'essere umano. Nella nostra vita siamo istintivamente spinti verso il cambiamento, vuoi per curiosità, vuoi per fuggire da una situazione di disagio. Sul lungo termine tendiamo a stabilizzarci in quelle situazioni che molto semplicisticamente ci fanno stare bene. Quello che può sembrare un banale slancio edonistico è in realtà dettato dal mantenimento della stabilità dell'ecosistema sociale e naturale in cui viviamo. Il bisogno di cambiamento, che sopraggiunge ogni qualvolta si manifesta un malessere fisico o mentale,ci spinge verso nuove strade lungo una diramata esplorazione di possibilità che, tutte assieme, ci portano ad evolvere i nostri comportamenti e la nostra società.

Al contrario di molte altre specie viventi, l'essere umano ha una più profonda concezione di se stesso ed una forte coscienza del poter prendere decisioni. Inoltre siamo molto più soggetti a sperimentare malesseri psicologici, magari anche di futile natura, che ricoprono però un ruolo molto importante. La nostra naturale "irrequietudine" ci porta ad avere un tasso di cambiamento estremamente elevato nella nostra vita, o per lo meno questo è quello a cui la natura ci spinge. Più sono le strade provate più aumentano le possibilità di imboccarne una migliore. Nel tempo questo ci ha portato a cambiare il nostro modo di vivere e di rapportarci con l'ambiente molto più frequentemente rispetto ad una qualunque altra specie animale. In altri termini senza curiosi e insoddisfatti molto probabilmente ci saremmo stabilizzati sulla preistoria, cullati dai ritmi delle nascite e delle carestie.

Fatta questa premessa e con la dovuta cautela, è possibile distinguere tra i comportamenti umani quelli che siano più o meno "naturali" in un ottica "cibernetico-evoluzionista". Il bisogno di evadere dalle routine, l'infedeltà, il timore nel prendere decisioni a lungo termine e molte altre tendenza additate spesso come immature e dannose, sono in realtà espressioni della naturale tendenza dell'uomo al cambiamento; senza la quale non ci saremmo evoluti così rapidamente. Comportamenti inntaurali, e purtroppo molto frequenti, sono invece tutti quelli che mirano all'immutabilità dello stato delle cose. Condurre una vita monotona, non cambiare mai lavoro, accettare dei dogmi e via dicendo. Questo non significa che sia necessariamente sbagliato, ad esempio, passare tutta la vita accanto alla stessa persona; ma bisogna tener conto che quanto più si limitano i cambiamenti in una determinata area, tanto più si sentirà il bisogno di compensare nelle altre. Per questo sono portato a supporre che una coppia fedele e felice debba condurre una vita estremamente movimentata; d'altro canto chi si trovasse obbligato a fare per 60 anni una vita sempre uguale sarà enormemente più incline ai tradimenti.

In questa ottica le religioni risultano essere da sempre una fonte inesauribile di pessimi consigli di vita. Accettare dogmi significa castrare la propria curiosità e forzare le persone ad accettare passivamente lo stato attuale delle cose. Nella maggior parte delle religioni inoltre sono presenti forti componenti ascetiche che, in un modo o nell'altro, mirano a distaccarci dalle nostre irrequietudini donando un sollievo, di fatto temporaneo ed illusorio, che sul lungo termine non fa altro che generare un'ulteriore frustrazione. La negazione dei desideri, la castità e l'abuso di meditazione nelle sue varie forme sono solo alcuni esempi. L'errore commesso in questi casi è quello di cercare una via rapida per la stabilità del sistema attraverso il rifiuto dei cambiamenti. Se la perfezione è raggiunta laddove non è più necessario alcun cambiamento, non significa che posso illudermi di averla raggiunta semplicemente rifiutando i naturali mutamenti. Si tratta di un trucco fin troppo banale, eppure di preoccupante successo.

Passare il tempo a lamentarsi non è mai stato produttivo. Bisogna capire se i comportamenti che seguiamo e se gli insegnamenti che ci vengono dati ci sospingono dolcemente verso una naturale evoluzione, o se invece ci forzano all'interno di schemi troppo stretti per poter essere accettati senza creare malessere. Bisogna liberarsi del pregiudizio etico che ci porta a condannare il nostro slancio verso il cambiamento. D'altro canto non bisogna nemmeno forzarsi verso improbabili fughe cieche, ma lasciare che ogni vita segua il suo corso placida, ma inarrestabile, come un grande fiume. Non escludo che coi secoli potremmo "trovare pace", ma a chi vende facili paradisi, rispondo che finchè ci sarà anche una sola persona infelice sulla terra, sarà la dimostrazione vivente che il cammino è ancora lungo e che i loro dogmi non fanno per me.

Strascichi D'Apocalisse - Cap. 2

Stai stai.. stai pure sdraiato sui tuoi pensieri. Ti è scivolata una ciocca di capelli sugli occhi e non te ne sei accorto. Te ne stai sempre nella stessa realtà a fissare il vuoto per immaginarne un'altra, e solo i fiori le accomunano entrambe.
Avevi si e no cinque anni la prima volta che nascondesti i semini della frutta nei vasi della mamma. Stavi le ore a guardare i vasi sperando di cogliere il momento esatto in cui il primo germoglio fosse spuntato; non ci sei mai riuscito. Così come non sei mai riuscito a cogliere il momento esatto in cui la gente cambia, o ad osservare la prima goccia di pioggia. Ma se una cosa l'hai imparata è che prima o poi tutto cambierà, e non sarà mai quando te lo aspetti.
"Il Grand General Rouchet ha dichiarato nella giornata di ieri 23 Aprile che a partire dal 4 Maggio la vendita, l'esposizione ed il possesso di qualunque tipo di fiore, fatta eccezione per le case farmaceutiche ed i laboratori di ricerca, è severamente vietato"
E pensare che avevi smesso di leggere i giornali dal giorno in cui ti accorsi di quanto non fossero liberi... tanto valeva continuare su questa linea se queste devon esser le notizie. Sei un fioraio e apprendere che dovrai rifarti una vita da un giorno all'altro non dev'esser facile.

Suona il telefono.

- Bertrand hai sentito la notizia?
- Si Patrick...
- Cosa pensi di fare? Cavolo non sai quanto mi dispiaccia.
- Non lo so...
- Comunque sappi che su di me puoi contare, sai ci sarebbe un mio amico che forse può trovarti un lavoretto.
- Ti ringrazio, ci penserò. Ora riesco solo a pensare che senza fiori non potrei vivere, e non parlo solo di soldi Patrick.
- Capisco...
- Se capissi Patrick, saresti in lacrime come me, e cavolo dovrebbe esserlo tutta la Francia.
- Beh dai son solo fiori, anche se so che per te sono importanti.
- Oggi tolgono i fiori, domani vorran togliere anche la luna: e che i poeti non abbiano più di che scrivere, e che la gente non abbia più di che pensare...
- Berdtrand sai che è rischioso far certi discorsi per telefono...
- Oramai è diventato rischioso anche innaffiare le mie rose... ma non voglio che te ci vada di mezzo, ti saluto Patrick, e ti ringrazio.
- Ciao Bertrand, e... non fare sciocchezze.

Gli anni a seguire ti sei messo a spacciare rose, hibiscus e ciclamini; e le tue amanti, le coprivi di mimose profumate. Avevi una clientela ampia: sognatrici, poeti e pittori. Pittori che dipingevano fiori e nascondevano le tele; dipingere non per gloria ma per dipingere. Amare non per altro ma per amore. Quando i fiori erano legali li compravano anziane vedove per addobbare i sepolcri delle loro metà scomparse, o uomini di mezz'età per coprirci le loro amanti; qualche sposa di tanto in tanto.

Ora i fiori sono il simbolo della rivolta, non c'è spada tanto affilata come una rosa nel cemento. Tanti piccoli fiori nelle giacche, nei capelli, timidamente nascosti tra le pagine di un libro; come tanti spioncini su un mondo dimenticato. Non sono gli uomini o le parole a fomentare i rivoltosi, ma la nostalgia di un mondo che non hanno mai visto, ma soltanto sbirciato tra i petali e il loro profumo.

I fiorai, come tanti insospettabili partigiani, vendono sogni a coloro cui è stato tolto anche il sonno. A tarda notte nelle vie di periferia, con mazzi di rose nascosti nelle buste dell'immondizia, si svolge un commercio segreto dove i fiori sono scambiati con libri, musica e poesie scritte su pezzi di giornale. Spesso la polizia segreta di Rouchet interviene e allora tutti quanti gettano le prove nei secchioni dell'immondizia e si disperdono nel buio. Per questo le discariche sono presidiate dall'esercito e a guardarle da lontano sono catene montuose di sogni buttati via che si perdono all'orizzonte.

Strascichi D'Apocalisse - Cap. 1 e 1/2

Passi la vita a costruire prigioni attorno a te, per poterne un giorno evadere. Te le ricordi quelle giornate tutte uguali? Così uguali che ti basta ricordarne una per ricordarle tutte. Prigioniero volontario d'usi e costumi che non hai mai sentito come tuoi; d'una sveglia che suonava sempre all'ora sbagliata. Schiavo della vita che non hai mai voluto, nè voluto toglierti. Te ne sei sempre stato come i criceti sulla ruota: a correre come un matto sapendo che non saresti mai arrivato da nessuna parte. Del resto la vita è una giostra: o giri con lei, o hai il coraggio di buttarti in corsa col rischio di spezzarti una gamba; e te nn sei mai stato un tipo coraggioso. Non c'è da sorprendersi dunque del fatto che ti senta incredibilmente vivo, nonostante il mondo che conoscevi si sia tramutato in una sconfinata distesa di sabbia bianca; ammettilo, è la cosa più emozionante che ti sia capitata da quando sei stato operato di appendicite.
perciò lasciati portare per mano dalla figlia che non hai mai avuto, per queste lande.

- Vuoi essere il mio papà? ti chiede Aurora.
- Ma io non sono tuo padre.
- Nemmeno io sono tua figlia, ma non è il DNA a fare di un uomo un padre.

Rimani un po' di stucco vedendo la tua piccola bimba di otto anni parlare come una di almeno quindici. Forse anche il tempo è divenuto un deserto, senza inizio e senza fine, nè presente nè futuro.

- Ma si... - le rispondi - che differenza vuoi che faccia chi è padre di chi quando sei orfano della tua vita...

Il tuo respiro, l'unico vento

Cloud Atlas

Che Cloud Atlas fosse un gran film lo si capiva già dalle reazioni dei critici. Nulla è sinonimo di qualità quanto una buona dose di pessimi giudizi. Variegati dispenser di carta straccia si affollano a sparlare di ogni film intelligente, così da dare a vedere di essere così arguti da poter criticare anche quello.

Da parte mia devo dire che è un film arrogante. L’arroganza di voler essere tutto e uno soltanto. Di voler essere la summa del cinema classico, dell’epica, della filosofia, della religione e dell’etica. Quell’arroganza dei registi neofiti che non vedono l’ora di mettere la firma su quello che senza alcun dubbio sarà il più grande film mai girato. Non puoi permetterti semplificazioni, leggerezze, sgarri stilistici; tutto deve essere perfetto.

Solitamente questo tipo di arroganza ha il sano effetto di dare ai giovani artisti il primo grande schiaffo formativo che li guiderà, se non ad un’auspicabile maturazione, almeno ad un lieve miglioramento. Si guarda in faccia la realtà e si capisce l’importanza di scarnificare il superfluo e toccare vette elevate partendo dai più inabissati bassifondi.

Talvolta però, quando registi navigati sembrano esser vittima dell’egocentrismo del neofita, ci si pone subito una domanda: è un capolavoro o un minestrone riscaldato?

Gridare al minestrone farà vendere più copie al settimanale da casalinga in cui scrivi per tre dollari a cartella. La mia onestà e l’assenza di un incentivo pecuniario mi portano, però, a dover propendere per il capolavoro.

Forse non il tipo di capolavoro che si guadagna a spintoni un posto nei manuali del cinema rivoluzionando il genere. Ma il tipo di capolavoro che incornicia il cinema così come ancora lo conosciamo, in un tripudio di virtuosismi tecnici e verve creativa.

Una lezione di montaggio della durata di tre velocissime ore, dove quattro, cinque, sei storie… si intrecciano come il coro unanime di una sinfonia atemporale. Le scene che lo spettatore immagina stiano per arrivare, arrivano; ma in un epoca diversa. Una dissonante e sublime blue note che per tutto il film si ripete come in una ballata; prendendoci per mano e alitandoci sul collo come un’amante o come un assassino.

Innumerevoli le citazioni al mondo cinematografico e letterario. Altro argomento da dare in pasto ai critici e al loro vezzo di apparire eruditi in materia. Credo che la citazione sia parte fondamentale dell’arte in genere. Rievocare elementi universalmente conosciuti è un linguaggio efficace così come l’utilizzo di parole di uso corrente. Cos’è l’arte se non l’idioma delle emozioni? O vogliamo forse criticare buona parte dell’arte classica per i suoi continui riferimenti alla mitologia e ai poemi epici?
La cosa peggiore per un romantico è essere realista.
La luna, come i lunatici, ispira gli amanti ma è sempre sola.
Di tante gatte da pelare ce ne fosse una che faccia le fusa…
Siamo esotici come ananas in Costa Rica.
Volatile l’illusione
t’illude di volare.